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mercoledì 11 settembre 2001



Nubi all'orizzonte?

A poco più di sei mesi dal primo vagito delle agenzie fiscali c'è gia chi grida all'aborto. I ministri del Governo Berlusconi, al work shop organizzato a Cernobbio da studio ambrosetti, avanti al gotha della politica, industria etc. etc. hanno preannunciato, tra l'altro senza troppa sorpresa di tutti i presenti, le loro intenzioni sul futuro delle agenzie. La prima a defungere, come saprete per decreto, è stata quella della protezione civile.
Hanno inoltre parlato di pensioni e di articolo 18 dello statuto dei lavoratori.


Come preannunciammo nell'aggiornamento del 3 settembre scorso il primo direttore d'Agenzia, ad essere stato invitato a lasciare la poltrona più ambita dell'Agenzia delle Entrate era Massimo Romano, per il quale i capi dei gruppi parlamentari della Camera e del Senato hanno presentato interpellanze al presidente del Consiglio e al ministro del Tesoro, per avere notizie circa la sua sostituzione. Una possibilità di cui si parla ormai da giorni: Romano, arrivato al vertice della macchina fiscale con Vincenzo Visco, dovrebbe essere sostituito da un ex colonnello della Finanza. Contemporaneamente partirebbe un drastico ridimensionamento dell’Agenzia: il grosso delle competenze tornerebbe al dicastero, come ai tempi del ministero delle Finanze.
Nelle interpellanze i leader di opposizione mettono in rilievo i buoni risultati ottenuti da Romano in questi ultimi anni, ma accennano anche ad altri motivi che spingerebbero l’esecutivo a rimuoverlo: si parla di indagini condotte sul gruppo Mediaset. Da un punto di vista legale, Romano è abbastanza "blindato", avendo un contratto di natura privata: si tratterebbe quindi di convincerlo "con le buone" a dimettersi. Per lui pare sia pronto un posto alla Corte dei Conti.

Dunque nella Villa d’Este, a Cernobbio, è la giornata dei ministri. Mezzo consiglio, sei ministri, tra cui Giulio Tremonti e Umberto Bossi. Che sulla terrazza a bordo lago parlano di Economia e Lavoro, ma anche di devolution. Gli interventi al simposio Ambrosetti, davanti alla platea di industriali, economisti e manager, seguono la pista tracciata dal presidente del consiglio Berlusconi. Linea di condotta calma e pacata, nella quale il governo punta al dialogo sociale. Tremonti, si sente tranquillo, dalla sua ha una legislatura che dura cinque anni, e che consente all'esecutivo di centro destra di completare le riforme necessarie nei temini di scadenza. Dunque il Governo si sente tranquillo e getta acqua sul fuoco, tranquillizzando i presenti sul fatto che non si avrà un autunno caldo; perché la questioni esplosive come le pensioni e l’articolo 18 non arriveranno in piazza.
Tremonti e Bossi hanno toni concilianti e rassicuranti con le controparti e in particolare con i sindacati, invitando ad aver paura dei contratti vecchi, non di quelli nuovi. Per quanto riguarda gli obiettivi dei primi cento giorni di Governo, quanto già realizzato corrisponde al 120% di ciò che avevano previsto nell’agenda di governo. E se non c’è ancora la percezione esterna di questo, è solo per una ragione naturale: i provvedimenti verranno fuori nella prima metà di ottobre. Da lì in poi, anche nella vita sociale, ci sarà evidenza dei cambiamenti che hanno cercato di applicare. Così, dal palco di Cernobbio, Tremonti ripropone la lista presentata al suo debutto all’Ecofin di Bruxelles sulle riforme dei 100 giorni. Aggiungendo priorità e strategie: aumento delle pensioni minime e contenimento del deficit «dall’1,8 del Pil verso lo 0,8%». Infatti il Fondo monetario internazionale ha stimato, in assenza di interventi correttivi, un indebitamento dell’1,5% a fine anno.
Un livello che senza le azioni già messe in cantiere avrebbe potuto raggiungere l’1,8-1,9% del Prodotto interno lordo. Inoltre è grande il problema dei conti in rosso. La polemica politica torna sulla colpevolezza di chi ha favorito un buco da circa 25 mila miliardi». La colpa, dice Tremonti, non è tanto della stagione elettorale, piuttosto che di due anni di inattività. E’ stata l’inerzia, la perdita della congiuntura favorevole.
Questa pesante eredità lasciata dal precedente esecutivo, oltre alle settimane contate, rende complicata la messa a punto della Finanziaria. Sarà «impegnativa» - è l’annuncio agli imprenditori - con imponenti tagli a tutti i ministeri.
In sostanza: sarà varata «una colossale» operazione di spinn-off degli enti pubblici in società per azioni o in fondazioni. L’obiettivo è di non sciogliere gli enti «inutili», bensì di costringerli a sopravvivere e a misurarsi con il mercato acquisendo l’etica del bilancio e della governance, senza beneficiare di correzioni su misura del diritto fallimentare. L’elenco è lunghissimo. un nome tra questi è l’Inail. Forse lo stesso servizio non può essere prodotto anche con una spa, dice il ministro Tremonti?. Una rivoluzione in linea con la filosofia sottesa alla Finanziaria in elaborazione, «concentrata su alcuni punti specifici rilevanti e non, come è stata fino a ora, dispersa su decine e decine di articoli, di microinterventi». Garantisce Tremonti: cercheremo di iniziare a rispettare il patto con gli elettori «a partire dall’aumento delle pensioni per la povera gente», chiederemo la delega per la riforma fiscale graduandone l’intensità in funzione dei numeri a disposizione. E oltre al mosaico della Finanziaria - Dobbiamo farla senza appesantire le tasse, dobbiamo farla contendo la spesa» - c’è lo snellimento della burocrazia. Quando il pacchetto sulle semplificazioni diventerà legge, è l’intento, il modo di operare delle piccole e medie imprese si modificherà radicalmente grazie all’eliminazione di 190 milioni di atti amministrativi inutili. «La burocrazia è un costo spesso superiore a quello delle imposte.
Dunque, trasformare gli enti in Spa e' necessario''. A confermare le intenzioni espresse dal ministro Tremonti ieri a Cernobbio, e' il ministro della Funzione Pubblica, Franco Frattini, che, durante la presentazione del convegno Com.Pa, ha sottolineato la necessita' di 'mettere alla prova' gli enti pubblici. ''Meglio metterli sul mercato -ha detto Frattini- che sopprimere gli enti''. Il ministro Frattini ha poi annunciato che il prossimo mercoledi', 'di buon mattino, incontrera' il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta e il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, per decidere quali enti verranno trasformati in Spa. Secondo il ministro della Funzione pubblica, la 'prova mercato' e' l'unica in grado di stimolare l'efficienza del funzionamento degli enti pubblic
Restiamo dunque con un'atroce dubbio: la nostra agenzia che fine farà?
Aspettiamo vostri commenti in merito.



Articolo 18 e lavoro:
Il ministro Marzano, rispondendo per le rime al leader dell'opposizione, Francesco Rutelli: si domanda se è possibile che gli italiani siano diventati più poveri in un mese e mezzo! È ridicolo». Antonio Marzano, il ministro delle Attività Produttive, uno degli esponenti di punta dell'area liberal della maggioranza, respinge anche le critiche sulle promesse non mantenute dal Governo: «Andate a cercare quale governo ha varato provvedimenti non nei primi cento ma nei primi dieci giorni. Certo, sono misure ancora in discussione in Parlamento. Ma non ci sono precedenti».
Marzano è a Cernobbio per il workshop dello Studio Ambrosetti, assieme a mezzo governo e al gotha dell'imprenditoria e della finanza. Tema ufficiale della tre giorni: gli scenari della politica mondiale. Ma, a tenere banco, è stato invece il dibattito sulla flessibilità del lavoro. Marzano, nell'intervista, smorza le polemiche. Ribadisce che la strada maestra resta quella degli accordi con le parti sociali. Ma, per il Sud, prevede anche una flessibilità che tenga conto delle differenze regionali. Mentre, per i giovani, propone la possibilità di scegliere fra un contratto a tempo determinato con le tradizionali garanzie dello Statuto dei lavoratori, in particolare quella dell’articolo 18 che prevede l’obbligo del reintegro in caso di licenziamento non per giusta causa, ed uno a tempo indeterminato, più flessibile, che prevede indennizzi in caso di licenziamento.
Alla Fiera del Levante Berlusconi ha lanciato segnali rassicuranti sullo stato di salute dell'Azienda Italia. Mentre, a Cernobbio, i toni sono stati meno ottimisti. Chi ha ragione?
«La crescita dell'economia italiana è sicura, non ci sono limiti ai miracoli, senno che miracoli sarebbero. L'unico problema riguarda la congiuntura internazionale».
Il presidente del Consiglio ha anche ribadito che il rilancio dell'Azienda Italia partirà dal Mezzogiorno. È solo uno slogan, come ha saccusato ieri il leader dell'opposizione, Francesco Rutelli?
«No, assolutamente. Siamo pienamente convinti che il Sud rappresenti una grande opportunità a disposizione dell'intero Paese per imboccare la strada di una crescita più veloce. Una risorsa che, purtroppo, fino ad ora non è stata utilizzata. E il nostro programma di governo va proprio in questa direzione».
Che cosa farete?
«Il Sud non ha bisogno di cose eccezionali, di assistenza. Ma ha invece urgente necessità di interventi in grado di innescare un nuovo processo di sviluppo».
E, cioè?
«Gli strumenti li abbiamo ben chiari in mente. Occorre detassare gli investimenti, realizzare le infrastrutture che mancano, far partire una politica fiscale molto favorevole all'emersione del sommerso, ricostituire la legalità. Sono questi i quattro ingredienti fondamentali per rilanciare il Mezzogiorno».
Ma per creare nuova occupazione non c'è bisogno anche di una maggiore flessibilità?
«Io penso di sì. Naturalmente si tratta di interventi che vanno studiati insieme con le parti sociali e non con colpi di mano».
Quindi non ci saranno interventi unilaterali?
«La nostra linea di azione fondamentale è quella di fare accordi insieme con le parti sociali. I problemi, se ci sono, vanno discussi però senza tabù e senza pregiudizi da nessuna delle parti in gioco».
Ma, in concreto, che cosa significa maggiore flessibilità? Mettere mano all'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, come sostiene Agnelli? O studiare interventi diversi?
«Per il Mezzogiorno penso in particolare ad una flessibilità che tenga maggiormente conto delle differenze che esistono nei mercati del lavoro regionali».
Scusi se insisto: e l'articolo 18?
«Più che ad una modifica, che suscita molte perplessità da parte del sindacato, si potrebbe studiare, insieme con le parti sociali, un nuovo tipo di contratto per i giovani neo-assunti, che dia loro la possibilità di scegliere fra un rapporto a tempo determinato o uno a tempo indeterminato».
Può essere più esplicito?
«Vogliamo offrire ai giovani l'opzione fra i contratti a termine attualmente in essere, che sono in genere brevi, con un contratto a tempo indeterminato che però contiene la possibilità, per il datore di lavoro, di risolverlo sempre naturalmente dietro il pagamento di un indennizzo. Naturalmente, si tratterebbe di una opzione. Vogliamo dare ai giovani la possibilità di scelta. Secondo lei, che cosa sceglieranno?».

Cari colleghi ci farebbe piacere ricevere vostri scritti in merito agli argomenti quì riportati. Inviateci i vostri commenti, noi li pubblicheremo. Nella massima trasparenza che sempre ci contraddistingue.

Un abbraccio a tutti.

Federico Righi


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