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sabato 16 marzo 2002


Il piave mormorò: non passa lo straniero!

Cari amici e amiche,
nell’attesa del rinnovo contrattuale, che ad oggi, alle idi di marzo 2002, dovrebbe, dico dovrebbe e non potrebbe, vedere la luce, disquisiamo su qualcosa, e dato che siamo precari lavorativi, parliamo di lavoro.
Per genesi sono contrario al lavoro, in quanto credo che nella vita l’uomo sia stato creato e programmato per qualcos’altro che non è il semplice “alzarsi la mattina, fare il giusto lavoruccio e guadagnare il relativo stipendiuccio”, si perché si parla di pochi spiccioli in confronto a quello che guadagnano quelli sopra di noi che a quanto pare sono anche recalcitranti a darcelo
“lo stipendiuccio”.



Sottotitolo: Basta con il posto fisso. Di Marco Cavicchia

Ammesso e non concesso che quanto scritto sopra sia falso andiamo avanti.

Parliamo di noi, precari a vita, che da oltre quattro anni viviamo nel “terrore-speranza” di perdere il posto di lavoro. Dico speranza di perdere il lavoro perché inconsciamente forse sarebbe anche meglio perdere questo “stipendiuccio” e farla finita con questo stillicidio sulla nostra psiche:

“….ragazzi, o lavorate di più o qui non c’è la proroga …”
“…poi se vi sentite sfruttati, beh il mercato è aperto…”


certo giunto ai quarant’anni della mia vita sentirmi dire questo da un dirigente a cui ho regalato sangue “gratis” per la sua genia, quasi quasi ciò rasenta l’assurdo.

Più che altro non metto in discussione il concetto, quanto meno mi inquieta il ragionamento, perché quel dirigente per assumerci non avrebbe speso nulla di tasca sua, quel suo ragionamento viene fuori proprio da un’idea malsana e negativa di tutta la classe dirigente italiana che ormai è composta soltanto da “galoppini e ribaldi della più infime specie“. E come la storia insegna dobbiamo (noi poveri precari) sorbirci anche i loro sermoni, come si faceva nel Medioevo oltre mille anni fa.
Si perchè vi ricordo, che la attuale classe dirigente mondiale si rifà a quei personaggi antichi, ed ecco perché oggi cacciano fuori proposte lavorative allucinanti:

• Viva la globalizzazione;
• Flessibilità lavorativa;
• Contratti determinati;
• Lavoro interinale;
• Stop agli scioperi;
• Cancelliamo l’art. 18

Il tutto si traduce in un unico risultato, giusto compendio al ragionamento sopra citato, è cioè

“BASTA CON IL POSTO FISSO”

Infatti nei sermoni della classe dirigente italiana questa è la parola più frequente.

L’hanno detta i dirigenti di sinistra, quelli di centro ed ovviamente, ribadendola, quella di destra. Il dito puntato nello specifico per quanto riguarda il problema del nostro Paese è quello sui dipendenti della Pubblica amministrazione.

A quanto pare sono loro (cioè noi) che hanno provocato il disavanzo pubblico dello Stato creando problemi a non finire alla Patria stessa.

“….cribbio che guaio ci hanno procurato!!!
Ma sì licenziamoli tutti, questi lavativi,

questi disgraziati che tutti i mesi vengono a piangere lo stipendiuccio,
che poi a sessantacinque anni vogliono pure la pensione

non avendo fato nulla per tutta la vita lavorativa.
E’ proprio una vergogna tutta italiana!
Ma come ci presentiamo all’estero con tutti questi morti di fame…”


Che dite, potrebbe essere un pensiero di chi ha partorito l’idea del “
basta con il posto fisso” riferito ai lavoratori statali?
Forse penso troppo, e qualche volta il precariato mi fa brutti scherzi, se immagino i pensieri degl’altri.


L'altro ieri è stato arrestato il Presidente della società che gestiva Telemarket, nota rete televisiva che vendeva prodotti tramite televisione, le trasmissioni sono state chiuse dal GIP e 50 dipendenti da oggi sono diventati come noi:

PRECARI

Di questo sono estremamente dispiaciuto, perché la loro situazione è più grave della nostra. Infatti se venisse indagato il nostro “Ministero” siamo sicuri che tutti i dipendenti di questo dicastero percepirebbe comunque lo stipendiuccio, anche perché tolto un Ministro se ne fa subito un altro, siamo sempre un ente pubblico, e questa è sempre una garanzia di lavoro stabile.
Invece per quanto riguarda le S.P.A, se non si trovano nuovi dirigenti, la società chiude, e quanto dico chiude, dico l’esatto termine della parola chiudere.

E’ proprio vero basta con il posto fisso.

Perciò massima attenzione quando si parla di LICENZIAMENTI FACILI, perché i primi ad essere licenziati sarebbero proprio i lavoratori a tempo determinato.
Ed al momento non credo assolutamente che l’abolizione del “licenziamento con giusta causa” porti nuova occupazione.
Io penso che si creerebbe solo nuovo precariato, con l’aggiunta di una condizione di tipo ricattatorio, della serie:

“….ho mi lavori come dico IO, o ti licenzio…sono IO CHE COMANDO…”

e questo sarebbe, come ho già detto, un ritorno al Medioevo. È quello che si vuole lasciare alle nuove generazioni?

L’ambiente politico-globalizzatore-autarchico vuole lo scontro sociale sia con i Sindacati (unica nostra certezza) che con la collettività stessa, e se scontro vorrà, lo avrà, sia in Parlamento che sulle piazze,
lo straniero non deve passare,
dopo anni di precariato continuo, la scorza si è fatta dura,
e nessuno dovrà indietreggiare.




Riflessioni sul Decentramento: di Federico Righi


Dopo una attenta lettura del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112, e successive modifiche, in relazione al “conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59; ed in particolare l’art. 66 del citato D.Lgs. 112/98, che prevede tra le funzioni conferite agli enti locali quelle relative alla conservazione, utilizzazione e aggiornamento degli atti del catasto terreni e del catasto edilizio urbano, nonché alla revisione degli estimi e del classamento, fermo restando quanto previsto a carico dello Stato in materia di gestione unitaria e certificata dei flussi di aggiornamento delle informazioni ed il coordinamento operativo per la loro utilizzazione attraverso la rete unitaria delle pubbliche amministrazioni.
Il punto di partenza per affrontare la problematica del decentramento delle funzioni catastali è costituito da un dato di fatto: esiste un ordine nazionale. Questo ordine trova espressione anche in una forma giuridica. Il nostro primo compito è quello di cogliere la costituzione di quest’ordine che si sta formando o che si è formato, e soprattutto chi lo costituisce. Per prima cosa dobbiamo escludere alcune concezioni piuttosto comuni di quest’ordine:
1. bisogna fuggire dall’idea che l’attuale ordine sorga in modo spontaneo dall’unificazione di vari interessi, forti ed omogenei;
2. che dietro ad esso non vi sia una mano invisibile che dirige il tutto come un concerto armonico;
3. che quest’ordine sia dettato da un singolo potere o da un singolo centro di potere.
E’ stata quindi necessaria una riflessione, anche, politica, al fine di fornire una interpretazione garantista, alle suddette leggi; in alternativa alla attuale interpretazione, sicuramente distorta, da parte di chi intende interpretare il D.L.gs. 112/98 e seguenti modifiche dal solo punto di vista del ritorno economico per chi fa il business, e soprattutto per dare ascolto alla voce di protesta, sempre più isistente, che proviene, da parte di molti colleghi operanti negli uffici provinciali dell’agenzia del territorio.
Quando fu scritta la legge 15 marzo 1997, n. 59, seguita dal D.L.gs. 112/98 ed altri, era parere diffuso che la pubblica amministrazione fosse la palla al piede del paese. La burocrazia era quanto di più aberrante esistesse, era davvero un grosso dinosauro inerte, obsoleto ed esageratamente statica. Era la principale causa di enormi buchi nel bilancio dello Stato, la principale artefice dei disagi sociali inflitti alla popolazione, causa di ritardi e malgoverno.
Ma c’è da dire che i tempi non sono più quelli di allora. Oggi la macchina amministrativa dello Stato, un po’ per l’introduzione dell’autocetificazione, un po’ per la massiccia implementazione informatica e per la maggiore efficienza che da essa ne scaturisce, ma anche per il grande spirito di abnegazione degli impiegati del pubbligo impiego e per la rinnovata gestione ed organizzazione, non è più quella zavorra legata al piede del paese.
L’Agenzia del Territorio, ne è la riprova, dalla sua nascita ad oggi ha aumentato le proprie capacità di competizione sul mercato; proprio grazie all’uso intensivo dell’informatica. Inoltre il personale della stessa, con grande sacrificio, ha raggiunto un elevato grado di professionalizzazione e di preparazione tecnico-pratica, anche in modo autodidatta. E, con l’inserimento in organico, anche se a tempo determinato, di una nuova generazione di lavoratori, circa 1.600 tecnici, fortemente motivati pur nella loro precarietà, proprio dalla loro necessità di lavoro, giorno dopo giorno ha posto, al servizio della collettività, sempre maggiore professionalità, rispondendo sempre più a standard di livello europeo ed internazionale.
Oggi tutto questo è una realtà.
Ma, ci sembra invece, che al contrario, oggi, nessuno tiene conto di questi epocali cambiamenti intervenuti nel sistema burocratico e amministrativo del catasto.
E i primi a non tenerne conto sono proprio i vertici dell’Agenzia del territorio, i quali:
- invece di ricompensare i lavoratori di ruolo per i loro grandi sacrifici, umani ed economici, sostenuti nel passaggio alle agenzie fiscali;
- invece di sanare il grave torto perpretrato (dal 1998) in danno di 1.800 ex L.S.U., oggi L.T.D., lavoratori a tempo determinato, assumendoli tutti a tempo indeterminato.
(Gli L.S.U., utilizzati dal 1998, erano disoccupati di lunga durata, bisognosi di un lavoro. Essi sono stati letteralmente sfruttati; utilizzati senza alcun diritto e senza versare loro i contributi pensionistici e previdenziali. Per sole 800.000 lire mensili, sino al maggio del 2001, anno in cui furono contrattualizzati, tali lavoratori socialmente utili furono letteralmente sacrificati sull’altare del recupero dell’arretrato del catasto; furono caricati di grandi responsabilità e di compiti istituzionali. Grazie al loro sfruttamento è stato possibile azzerare un’enorme arretrato del catasto: milioni di pratiche catastali, giacenti inevase da oltre cinquanta anni, recuperate in poco più di tre anni);
non fanno altro che mortificare, l’Agenzia del Territorio stessa, nella sua naturale vocazione di organo tecnico preposto alla gestione del catasto. Infatti, invece di mettere in campo una politica pro-agenzia del territorio, assumono, di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, iniziative con le quali, nel fare il punto della situazione catasto ai Comuni, invitano gli stessi Enti Locali a far pervenire, entro il 30 aprile 2002, un questionario nel quale si chiedono quali sono le modalità di decentramento desiderate: (in forma singola, o associata); fornendo nello stesso documento indicazioni e suggerimenti su come richiedere l’attribuzione di tali competenze, eludendo completamente quanto sottoscritto, in un protocollo d’intesa con le OO.SS., sulle fasi attuative del decentramento.
In particolare nel questionario non si fa alcun riferimento a quanto previsto dal D.Lgs 300/99 relativamente alla possibilità per i Comuni di convenzionarsi con l’Agenzia per lo svolgimento delle attività catastali, vanificando l’iniziativa assunta a suo tempo dal sindacato confederale.
Iniziativa volta a garantire, nell’attuazione del D.L.gs. 112/98, che l’Agenzia del territorio svolgesse con il proprio personale, un servizio che fosse migliore per la collettività, a costi ridotti e senza il trauma di spostare nei comuni migliaia di lavoratori.
Gli Enti locali sono male indirizzati soprattutto da chi crede di poter essere, un domani, attore principale nel coadiuvare, il comune, nella gestione del catasto decentrato. Vuoi perché già socio partecipante in società di servizi sorte ad hoc (il caso di importanti direttori dell’Agenzia), o perché forti dell’amicizia e di agganci politici nell’Ente Locale che chiede di gestire il catasto; oppure per mera lacunosità, da parte dell’Agenzia, nel fornire informazioni certe sul costo di una convenzione per la gestione del catasto per i comuni, ma questa è comunque una colpa ricadente sull’interesse di uno o di pochi.
Una giusta interpretazione del D.Lgs. 112/98 e seguenti, porterebbe l’Agenzia del territorio ad essere, sul mercato, l’unico Ente che possa gestire, in modo efficiente, uno sportello catastale per i comuni.
Infatti al comune, alla comunità montana o al consorzio di comuni che intendono costituire un polo catastale sul proprio territorio, dovrebbe necessariamente ed esclusivamente competere, la gestione dal punto di vista economico estimativo. Dunque, al comune spetterebbe dettare le linee di indirizzo fiscale e le politiche locali relative alla revisione generale degli estimi, alla loro rivalutazione, alle modalità di attuazione, ed ai tempi di esecuzione. Tutto cio è dunque una materia squisitamente politica, si parla infatti della determinazione delle tariffe d’estimo, zona per zona, della politica dei prezzi dei beni immobili nell’ambito locale.
Mentre, l’Agenzia del Territorio, l’organo tecnico per antonomasia dovrebbe essere l’unico Ente idoneo alla gestione ed alla fornitura del servizio catastale ai comuni, per i quali aprirebbe sportelli catastali sul territorio, impiegando il proprio personale, e servizi tecnico estimativi agli Enti Pubblici.
I ricavi dello sportello catastale andrebbero per intero al Comune, il quale convenzionato con l’Agenzia del territorio, pagherebbe il costo per il servizio fornito, più una quota percentuale derivante dagli utili di bilancio.
L’Agenzia del Territorio, manterrebbe il suo personale, e forse sarebbe costretta addirittura ad aumentarlo di numero, assumendone altro, al fine di garantire la continuità del servizio catastale sul territorio. Il decentramento delle funzioni catastali potrebbe essere uno dei motivi per la stabilizzazione dei circa 1.600 tecnici, lavoratori precari, a tempo determinato, dell’agenzia del territorio.
Negli sportelli, di ogni polo catastale designato, non si svolgerebbero solo le classiche attività catastali, ma si aggiungerebbero delle altre attività, come la determinazione ed il pagamento dell’I.C.I., la tassa sull’immondizia e la riscossione di tante altre gabelle locali, che si determinano in funzione del metro quadro.
In questo modo, l’Agenzia, mantenendo il proprio personale, garantirebbe i diritti acquisiti dallo stesso ed eviterebbe eventuali gravi problemi sociali che sicuramente si verrebbero a generare nella popolazione, con la perdita di un importante riferimento istituzionale quale è quello rappresentato dal catasto.
Inoltre si darebbe continuità e senso allo Stato, che continuerebbe, in un federalismo fiscale sicuro, anche tramite lo sportello catastale, a dare un senso di unitarietà all’azione amministrativa, non creando una miriade di catasti e catastini, con funzionamenti diversi da luogo a luogo.

Se ipotizzassimo che dei circa 9.000 comuni in Italia; almeno un terzo di questi, singolarmente o consorziandosi, chiedessero l’apertura di uno sportello catastale, avremo la necessità di gestire almeno 3.000 sportelli catastali; ipotizzando una media di almeno 4 unità lavorative per ogni sportello catastale, occorrerebbero 12.000 lavoratori. Attualmente l’Agenzia del Territorio, compresi gli ex L.S.U. dispone di appena 11.950 dipendenti. Sicuramente un numero insufficiente per l’attuazione del decentramento.

Al lettore, si chiede di leggere questo documento, che non ha nessuna pretesa, e che vuole solo essere una riflessione sul decentramento ed i modi dello stesso, ricordando che seppur il passaggio dal pubblico al privato, oggi sembra ancora una chimera, non bisogna comunque sottovalutarne l’eventualità; perché il privato, leggi confindustria, dispone di enormi poteri e strumenti, sia politici che economici, che facilmente potrebbero in breve farci rimpiangere il passato.
Alla luce di questi pensieri, il decentramento, secondo quanto da noi, in bene, ipotizzato in questo documento, non è certo una realtà semplice da attuare. Infatti i molteplici processi che abbiamo elencato, vanno a cozzare contro i molteplici interessi di chi si identifica come principale interessato nell’esternalizzazione dei servizi; per definirlo con parola nota di questi giorni, nell’outsorcing.
Il problema è ancora più grave se si pensa che questi processi di esternalizzazione sono diversi, difficilmente identificabili, non unificati e tanto meno univoci.
Il nostro compito politico non è, per così dire, semplicemente quello di resistere contro questi processi, bensì quello di riorganizzarli ed orientarli verso quelle finalità di giustizia sociale che abbiamo individuato.
Le forze creative della moltitudine di lavoratori, sostenute dall’azione sindacale, che credono in un’idea di giustizia sociale, sono in grado di costruire una contro-esternalizzazione, organizzando, anche politicamente, le lotte.
Lotte volte a contestare ed a sovvertire l’interesse privato nel pubblico; in modo da creare una reale alternativa ad una sicura sconfitta sociale.
Queste lotte si svolgeranno certamente sullo stesso terreno sul quale agiscono alti dirigenti pubblici e manager privati; in realtà, come già anticipato più sopra, queste lotte hanno già cominciato ad emergere nei vari uffici già oggetto di sperimentazione per il decentramento.
Attraverso queste ed altri tipi, la moltitudine scenderà in piazza chiamata ad inventare il nuovo decentramento fiscale.



Un'importantissima iniziativa sul Decentramento.
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A tutto il personale di ruolo e non
Alle forze sindacali e non
Egregi colleghi,
si porta a conoscenza dell'importante iniziativa legislativa posta in essere dagli Onorevoli MAGNALBO', CICOLANI e MENARDI, con l'emendamento 15.0.1 all'atto del senato 776, relativo agli interventi in materia di qualità della regolazione, riassetto normativo e codificazione . Legge di semplificazione 2001, da promulgarsi entro il 30 aprile 2002.
In sostanza, l'emendamento 15.0.1, riportato più sotto, modifica le varie Leggi Bassanini e cancella i D.P.C.M. con il quale si stabilisce il passaggio di 4.000 e più dipendenti di ruolo ai Comuni o ai Consorzi che per essi gestiranno il Catasto, entro il 26/04/2004, e restituisce tutte le competenze catastali, estimative e di gestione della banca dati all'Agenzia del Territorio: salvandola di fatto.
Questo emendamento sarà discusso la prossima settimana; si richiede la massima sponsorizzazione dello stesso, investendo della questione Parlamentari e Senatori al fine di salvare l'Agenzia del Territorio e tutto il personale della stessa.

Federico Righi


Atto del Senato 776: emendamento 15.0.1
Aggiungere, in fine, il seguente articolo:
"Articolo 15-bis. (Modifiche)
1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, alla legge 15 marzo 1997, n.59, sono apportate le seguenti modifiche:
a) all'articolo 1, al comma 3, dopo la lettera r), è aggiunta la seguente lettera: "r-bis) cartografia, catasto e pubblicità immobiliare";
b) all'articolo 11, al comma 3, sono soppresse le seguenti parole: "entro un anno dalla data della loro entrata in vigore".
2. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, al del Decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, sono apportate le seguenti modifiche:
a) all'articolo 65, al comma 1 dopo la lettera h), è aggiunta la seguente lettera: "h-bis) alla conservazione, utilizzazione e aggiornamento degli atti del catasto terreni e del catasto fabbricati, nonché alla revisione degli estimi e del classamento";
b) all'articolo 66, al comma 1, la lettera a) è sostituita dalla seguente lettera: "a) alla completa e gratuita utilizzazione e consultazione delle banche dati del catasto terreni e del catasto fabbricati, nonché alla consultazione gratuita delle banche dati dei registri immobiliari, per scopi fiscali e civilistici. Le modalità tecniche per il conferimento delle funzioni saranno fissate nel regolamento di attuazione."
3. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, il comma 1, dell'articolo 9 del Decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 443 è sostituito dal seguente: "1. All'articolo 66, comma 1, del Decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, la lettera b) è sostituita dalla seguente: "b) ai servizi di visura e certificazione degli atti del catasto terreni e del catasto fabbricati, da effettuarsi tramite collegamenti telematici alle banche dati degli Uffici provinciali. I diritti di visura saranno ripartiti tra gli Enti locali e Catasto secondo le percentuali stabilite dal regolamento di attuazione".
4. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, al Decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, sono apportate le seguenti modifiche:
a) il comma 2, dell'articolo 57 è abrogato.
b) all'articolo 64, al comma 2, sono soppresse le parole: "e può gestire, sulla base di apposite convenzioni stipulate con i comuni o a livello provinciale con le associazioni degli enti locali, i servizi relativi alla tenuta e all'aggiornamento del catasto".
5. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono abrogate le disposizioni di cui al Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 19 dicembre 2000 e del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 21 marzo 2001."Torna indietro, clicca quì.





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