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ventisette aprile 2001



25 aprile, festa della liberazione.... Ma quando?



Roma, 25 aprile 2001

Cantami, o dea, l'ira ostinata dell'italico Popolo, che fu tanto funesta e recò dolori senza fine: spedì all'ospedale in gran numero forti anime di prodi guerrieri, e i loro corpi lasciava là in balia di bastonatori di Stato, cani e uccellacci d'ogni sorta.
Veniva così compiendosi la ecclesia divina volantà, fin da quando si scontrarono a parole e si divisero da nemici l'Italia.

Ma chi spinse a contrastare con violenza la rabbia per la Libertà?

Fu l'Amato, figlio di Topona e di Rattus. Era lui in collera, perché non concesso gli fu il trono come re supremo, e fece sorgere per la piazza una pestilenza maligna, perivano via via i combattenti.
E la ragione fu che l'Italia rendeva troppo onore al televisore.
Era venuto, il popolo, alle celeri auto delle guardie:
voleva liberare la sua figlia Libertà e si portava dietro un mucchio di oggetti preziosi per il riscatto. Con la mano reggevan le sacre bende tricolori dell'ignoto milite, avvolte in cima alla baionetta d'oro: e supplicavan tutti i celeri bastonatori, e in particolare i due Atridi, Francesco e Silvio, reggitori e sobillatori di popoli.
Dicevano:
"Atridi, e voi altri celeri bastonatori, da buoni schinieri, vi concedano i signori che hanno le case sul Gianicolo di far si che il rapporto tra Pil e debito pubblico abbia risultato positivo e in questo modo di far felice tutta la patria, abbassando balzelli e gabelle! Ma voi liberateci la cara Libertà e accettate i doni qui del riscatto, per rispetto e venerazione verso il sacro tricolore."

Allora alcuni dei celeri bastonatori approvarono acclamando e dicevano di aver riguardo del popolo e di prendere gli splendidi doni.

Ma la cosa non garbava, in fondo, all'Atride Amato: anzi lo facevan arrabbiare e con forza reagire. La gente patria dai celeri fece bastonare. E più scacciava via in modo villano quella folla e più la folla gli ingiungeva contro con dure parole:
"Bada, vecchio, che non abbia più a sorprenderti nei pressi del campidoglio, né oggi fermo qui ancora, né di ritorno un domani! Ti avvisiamo: non ti gioverebbe la baionetta con la benda tricolore, né tantomeno posar il culo sul più alto seggio, e per questo un secchio d'escrementi di bestia nera al giorno, sul muso riceverai da noi lanciato a turno.
A meno che Libertà non la libererai prima. Allora qualcosa cambierà, sì cambierà e del nostro palazzo l'usciere potrai fare.
Così parlava: tremò di paura quel vecchio e ubbidiva all'ordine.


Nel chiedere umilmente scusa ad Omero, vi saluto con un pensiero:
meno male che il 25 aprile, giorno della liberazione, è l'onomastico del mio amico Marco Cavicchia, a cui faccio tantissimi auguri.

Federico RIGHI

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